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Unità Pastorale di Botticino

Cosa pensa il nostro vescovo Luciano sulle Unità Pastorali Stampa E-mail
Scritto da Don Raffaele   
Convegno del clero 2 settembre 2008
“...Entrando in diocesi ho trovato un lavoro avviato sulle Unità Pastorali. Desidero proporvi anche una riflessione sulle UUPP e sulla pastorale integrale: due prospettive complementari che ci possono aiutare a migliorare la nostra attività pastorale in vista di una maggiore significatività. Col termine Unità Pastorale s’intende l’unità organica di alcune parrocchie che, insistendo su un territorio omogeneo, si danno un unico programma pastorale al quale contribuiscono tutti gli operatori delle diverse parrocchie; insomma, in un’UP le singole parrocchie non si danno un programma pastorale autonomo ma si inseriscono in un programma comune deciso insieme. Lo scopo delle Unità Pastorali è quello di permettere una pastorale organica a tutto campo che in alcune parrocchie non sarebbe possibile per la loro dimensione o per la scarsezza di forze. Col termine pastorale integrale s’intende, invece, il tentativo di collegare nel modo più armonioso ed efficace tutti gli interventi pastoralmente rilevanti che vengono messi in atto in un territorio (l’attività dei preti, ma anche quella dei religiosi e delle religiose; della pastorale sanitaria negli ospedali e case di cura; della pastorale scolastica; dell’impegno culturale e così via). Come si vede le due espressioni sono strettamente collegate e, in parte, sì sovrappongono. Quali sono le esigenze che giustificano questa insistenza? Dal punto di vista concreto naturalmente il calo del numero di preti ci obbliga a economizzare le forze, ma questo è secondario. Ma anche, e soprattutto, la grande mobilità dell’uomo d’oggi. L’uomo d’oggi non vive nella parrocchia, vive anche nella parrocchia, ma si muove e vive tutta una serie di esperienze che superano la possibilità pastorale di una parrocchia. Bisogna fare in modo che quello che facciamo in una parrocchia si colleghi quanto più possibile con le altre e con la diocesi in modo che il servizio che prestiamo raggiunga l’uomo in tutto il suo vissuto. Una parrocchia, col suo impegno, può cogliere alcune dimensioni importanti della vita delle persone (momenti significativi; la catechesi, i sacramenti) ma non riesce ad accompagnare la persona in tutti gli ambiti importanti della sua vita. Eppure si tratta di dimensioni decisive nel vissuto delle persone; una pastorale che non le consideri rischia di diventare marginale, incapace di incidere sulle scelte importanti della vita.
La diocesi di Brescia ha fatto la scelta delle UUPP e desidero procedere in questa linea; con calma, senza imposizioni rigide, ma progressivamente. Tutto parte quando da una pastorale semplicemente eseguita si passa a una pastorale pensata poi decisa poi eseguita; cioè quando si comincia a programmare la pastorale. Allora si può fare riferimento a un moderatore (uno dei parroci delle parrocchie interessate), a una équipe pastorale (l’insieme di tutti gli operatori pastorali permanenti), a programmi decisi prima e verificati poi nei Consigli Pastorali. È uno stile di azione nuovo che suppone uno spirito collaborativi e un impegno di fede da parte di molti. Se riusciamo ad andare in questa direzione avremo davanti a noi possibilità più ampie e positive. Il problema del futuro, infatti, ci deve occupare fin da ora. Ci troveremo ad operare con un numero di preti inferiore a quello attuale e non dobbiamo lasciarci sorprendere; abbiamo il tempo per affrontare il futuro in modo consapevole e non doverlo subire passivamente. Ma bisogna che ce ne facciamo carico tutti, fin d’ora. Si pone il problema di rinventare la pastorale sul territorio. Ad esempio. Si porrà inevitabilmente, in futuro, il problema delle strutture pastorali. Queste sono state edificate da un presbiterio di 900/1000 preti; quando i preti saranno 300 o 400 il rischio sarà quello di non riuscire a seguire tutto. Oppure che l’impegno di seguire tutto assorba ed esaurisca le nostre forze. C’è il rischio che la quantità di strutture ci soffochi. Le vie che abbiamo davanti sono essenzialmente due: la prima è quella di tagliare alcune attività; la seconda è quella di affidarle ad altri responsabili. Bisogna quindi che riflettiamo su quali attività sia possibile tagliare perché si tratta di rami secchi ormai poco utili; e quali,invece, siano da affidare a laici o a istituzioni. In questo ho bisogno del vostro consiglio. Se vogliamo fare qualcosa di sensato dobbiamo procedere insieme, discernere insieme, portare insieme il peso della transizione. Per questo stesso motivo vi chiedo di andare adagio a costruire strutture nuove perché le strutture debbono essere mantenute e questo esige un prezzo alto sia dal punto di vista economico che burocratico...”


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