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Unità Pastorale di Botticino

A te che cerchi DIO Stampa E-mail
Scritto da Don Raffaele   

Data il 12 aprile la “Lettera ai cercatori di Dio”, che i Vescovi italiani hanno indirizzato a tutti “coloro che sono alla ricerca del volto di Dio vivente... siano essi credenti che crescono nella conoscenza della fede, proprio a partire da domande sempre nuove, e quanti - pur non credendo - avvertono la profondità degli interrogativi su Dio e sulle cose ultime... la lettera vorrebbe suscitare attenzione anche in chi non si sente in ricerca, nel pieno rispetto della coscienza di ciascuno”. Le pagine che seguono non hanno la pretesa di dare una sintesi completa di un documento casi denso di contenuti: ma, fermandoci alla prima e seconda parte di esso, cercare di lasciarci interrogare da domande comuni a tanti di noi e cogliere il mes­saggio di speranza che emerge.

Senso della vita, Questione irrilevante?

La vita dell’uomo è solo un giro di ruota senza senso? E’ questa la domanda che ci poniamo quando lo scoraggiamcnto e il dubbio ci assalgono, soprattutto quando dobbiamo fare i conti con la nostra fragilità e con il dolore. Facciamo fatica ad accettare la sofferenza che talvolta diventa una grande sfida per la fede nel Dio di Gesù Cristo. Il Signore ci ha creati per la vita e per la felicità. Perché, allora, permette il dolore, l’invcchiamento, la morte? Perché il dolore dell’innocente? Quante domande di fronte ad una disgrazia o ad un lutto che fa sanguinare il cuore! Si può perfino dire che la sofferenza e la morte sono la più grossa sfida contro Dio. Le domande si moltiplicano. Ciascuno ha le proprie. A pensarci bene cambiano le parole, ma il grido resta comune e condiviso da tutti: abbiamo una gran voglia di vita, di felicità, di sicurezza e di tranquillità e il dolore, la fragilità e la morte sembrano fatte apposta per distruggere tutto questo.
Dobbiamo rassegnarci? Spegnere la voglia di vita, raffreddando i nostri slanci? Non è più opportuno invece aprirsi alla speranza che ci fa intravedere un futuro da attendere, da preparare, da desiderare? Senza dubbio siamo tutti attaccati alla vita e l’amore alla vita si esprime con l’ostinata ricerca della felicità, per se stessi e per le persone che amiamo.
Ma, se ci fermiamo a riflettere, comprendiamo bene che la felicità vera non si può confondere con “l’ebbrezza del consumismo, del divertimento, del piacere”, ma ha radici e motivazioni ben più profonde. C’è una parola che, pur essendo sotto tanti aspetti esplorata, contiene per ognuno contenuti che riempiono e danno senso alla vita. Si: c’è in noi un immenso bisogno di amare e di essere amati. Davvero “ è l’amore che fa esistere”. E’ l’amore che vince la morte: “Amare qualcuno è dirgli: tu non morirai”.

Ma l’anelito alla felicità e all’amore si scontrano inesorabilmente con l’esperienza della fragilità e della sofferenza. Per questo, alcuni sembrano rassegnati e vivono alla giornata come se la questione del senso della vita e di un orizzonte unificante fosse irrilevante. Altri non si arrendono e vogliono portare avanti la ricerca di senso e di speranza.
In questo cammino di ricerca, tanti uomini e donne si sono interrogati sul mistero ultimo, perché onestamente convinti di non bastare a se stessi. E, allora, hanno accolto Dio nella loro vita e hanno capito che credere non è un atto irragionevole. Anche se credere non significa essere arrivati definitivamente ad una meta. Per questo il credente deve essere sempre contagiato dall’inquietudine della ricerca. Accettare l’invito della fede non è risolvere tutte le oscure domande, ma portarle a un Altro e insieme con lui. A Lui è possibile rivolgere con fiducia le parole della bellissima invocazione di Sant’Agostino: Signore mio Dio, unica mia speranza, fa’ che stanco non smetta di cercar Ti, ma cerchi il Tuo volto sempre con ardore. Dammi la forza di cercare, Tu che ti sei fatto incontrare, e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarTi. Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza; dove mi hai aperto, accoglimi al mio entrare; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso. Fa che mi ricordi di Te, che intenda Te, che ami Te. Amen!

L’incontro con Gesù

Rivolgendosi ai tanti uomini e donne che sono alla ricerca di una .speranza per il loro cammino. la lettera dei Vescovi addita a questo punto Gesù di Nazareth: in lui il Dio lontanto e invisibile .si fa vicino ad ogni essere umano, in un gratuito gesto d’amore. Questo Gesù, nello spazio e nel tempo, è lontano da noi, ma la distanza tra Gesù e noi e colmata innanzitutto dal racconto di quanti lo hanno incontrato prima di noi, che formano una catena ininterrotta di persone, che risale fino ai testimoni oculari. I documenti, più ampi ed attendibili che parlano di lui, della sua opera, del suo messaggio, sono gli scritti della prima e seconda generazione cristiana: i quattro Vangeli e gli Atti degli Apostoli, ai quali vanno aggiunte le lettere di S. Paolo e di altri apostoli ai loro discepoli. Da questi scritti emerge l’immagine di un uomo che, dopo essere vissuto fino a trenta anni in un villaggio sperduto tra le colline della Galilea, inizia a portare per le strade della Palestina l’annuncio della presenza del Regno di Dio, che segna una svolta nella storia dell’attesa biblica. Gesù accoglie le persone semplici dei villaggi, guarisce i malati, parla di Dio come un Padre che si prende cura di tutti i suoi figli, buoni e cattivi. Ma, mentre il popolo accoglie con lieta sorpresa il modo di fare di Gesu’, le autorità religiose di Gerusalemme si convincono che l’attività di Gesù sia pericolosa perché tocca l’identità religiosa del popolo d’Israele; e, approfittando di un viaggio di Gesù a Gerusalemme in occasione della Pasqua, lo fanno arrestare e lo consegnano al rappresentante dell’Imperatore romano che, dopo un sommario giudizio, lo condannerà alla morte di croce.

Il Cristo

L’attività e l’insegnamento di Gesù sarebbero stati confinati nel ricordo di una piccola cerchia di parenti ed amici, se un avvenimento non avesse spezzato la trama normale di una biografia umana, fatta di vita, morte e sepoltura. La novità di Gesu’, prima di essere un messaggio o una serie di azioni che suscitano curiosità e stupore, è il superamento della morte. lnfatti, tre giorni dopo la sua morte, Gesù si e presentato vivo a diversi testimoni e questa constatazione porta i discepoli a proclamare che “Gesù è il Cristo, il Signore, che il Padre ha risuscitato dai morti”.
Alla luce di questo straordinario avvenimento, i discepoli, illuminati dal dono della Spirilo Santo, rileggono in maniera nuova e più profonda la vicenda di Gesù. In particolare, il Dio che Gesù ci ha rivelato non è solitario e chiuso in se stesso, ma Dio che si dona a noi, il Dio che è amore. Come attesta la prima Lettera di Giovanni: “In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo figlio unigenito perchè noi avessimo la vita per mezzo di Lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo figlio come ultima di espiazione per i nostri peccati (...). E, noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio e amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (4,9-10.16).
Dalle parole di Gesù, conservate e trasmesse nei Vangeli, si intuisce che egli vive un rapporto profondo e unico con Dio, il Padre, al punto che può presentarsi come “il Figlio”. Quando parla dello Spirito Santo, Gesù riconosce che viene da Dio, il Padre, come lui stesso è stato mandato dal Padre. Su questa esperienza di Gesù si innesta la fede in Dio Padre, Figlio e Spirito dei primi discepoli e delle comunità cristiane, fondate da San Paolo e dagli altri apostoli.

La Chiesa di Dio


La vita del Dio Trinità, che è amore, si partecipa agli uomini radunandoli in una comunità, che è la Chiesa: comunità dei credenti che riconoscono Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente. E’ stato Gesù stesso a volere la Chiesa che muove i primi passi il giorno di Pentecoste, mediante il dono dello Spirito Santo. Il libro degli Atti degli Apostoli ci presenta la prima comunità cristiana di Cerusalemme, nata dalla predicazione di Pietro, come una comunità di fratelli perseveranti nell’insegnamento agli apostoli, nello spezzare il pane, nelle preghiere e nella comunione di beni (At. 2,42). Alla Chiesa - costituita da uomini e donne che hanno accolto il Vangelo di Gesù Cristo e vivono, grazie all’azione dello Spirito Santo, nella fede, nella speranza e nella carità - Gesù ha affidato l’annuncio e la testimonianza resa con la parola e con la vita.
Il contenuto dell’annuncio non è una dottrina o una filosofia, ma una persona: Gesù di Nazareth, condannato a morte dagli uomini, ma risuscitato da Dio: in lui si compiono le promesse divine, presenti nelle Sacre Scritture, e si apre l’accesso alla salvezza di tutti i possibili cercatori di Dio. L’annuncio sfocia nell’invito alla conversione, per ricevere il perdono dei peccati e il dono dello Spirito Santo, garanzia della salvezza definitiva, cioè di una vita piena e felice nel tempo e per l’eternità. Gesù ha voluto che la comunità dei credenti si radichi profondamente sul comandamento nuovo dell’amore, inteso come dono di se stesso agli altri, sull’esempio di lui che ha donato la sua vita per l’umanità: una comunità dal volto umano, accogliente, viva nella fede e capace di irradiare la gioia del Vangelo. Un compito impegnativo, ma sorretto dalla presenza di Gesù nel cammino della vita, come lui stesso ha assicurato: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (MT. 28,20).
Questa presenza diventa forza e sostegno nei sacramenti che Gesù ha lasciato alla Chiesa, che sono partecipazione della nostra vita a quella di Cristo. Attraverso i sacramenti, la vita nei suoi vari passaggi (nascita e morte, salute e malattia, amore di coppia e servizio alla comunità, peccato e perdono...) viene inserita nell’evento pasquale di Gesù, da cui riceve forza e senso.
La manifestazione più significativa della Chiesa avviene ogni domenica, giorno del Signore, memoria viva della risurrezione di Cristo, quando la comunità si raduna per la celebrazione dell’Eucarestia. La messa domenicale e il grazie serttimanale, condiviso da ognuno, per il dono della fede, dell’amore e della .speranza piu’ forte di ogni morte. L’Eucaristia, cioè il rendimento di grazie, ci fa Chiesa e manifesta la Chiesa nella varietà e ricchezze dei doni che la compongono.

Una speranza destinata a durare


Queste pagine si aprivano con un interrogativo sul senso della vita umana, ma ora possiamo domandarci che cosa sarà di noi al termine della nostra esistenza su questo mondo? 
Domanda imbarazzante, soprattutto oggi, in una .società che cerca di nascondere la morte o di ridurla solo a spettacolo. Comunque, della morte non se ne parla, nella convinzione che parlarne porti male.
L’espcrienza cristiana più autentica ci chiede invece di essere attenti alla morte per essere padroni della nostra vita, secondo l’orizzonte globale che la fede ci offre. Solo dalla parte della morte possiamo, infatti, comprendere la nostra vita. 
La prospettiva che illumina la vita, anche nel duro confronto con la morte, è appunto la spcranza dischiusa dalla resurrezione di Cristo. Non si tratta soltanto di un’aspettativa che nasce quando siamo costretti a misurarci con un limite che sembra invalicabile o quando avvertiamo la necessità di spalancare il presente verso orizzonti più rassicuranti. Nell’esperienza cristiana, la speranza è una dimensione irrinunciabile, fondata nell’incontro stesso col Signore Gesù: è lui risorto da morte a illuminare il presente e ad aprire il nostro sguardo verso un futuro affidabile e bello. L’atto del morire, letto con gli occhi della speranza dell’incontro con Gesù risorto, si schiude a orizzonti che vanno oltre il limite della morte stessa: come il Cristo è passato dalla morte alla vita, così la morte, che egli ha fatto sua, viene rivelata come passaggio a una nuova condizione di esistenza, cammino pasquale verso il futuro aperto da lui, vincitore della morte. Il Nuovo Testamento concepisce questa vita, inaugurata con la morte, come un «essere con Cristo», che suggellerà la sequela di lui vissuta in vita.

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