La famiglia come bene comune in una prospettiva politica ed ecclesiale Stampa
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 Nell’affollata Chiesa di San Cristo il 2 settembre Xavier Lacroix ha dato questo titolo al suo intervento alla città, mediando così la Lettera Pastorale 2009-2010 per l’ambito affettivo che appartiene ad ogni uomo. Proponiamo alcuni punti salienti della relazione che potremo inviare nella forma integrale via e-mail su richiesta.
Partiamo con una domanda. I nuovi “modelli” familiari dati per scontati oggi, archiviano definitivamente la famiglia coniugale, numerosa e fondata sull’alleanza matrimoniale? In realtà no perché le famiglie monoparentali, quelle “ricostruite”, le unioni di fatto, più che essere vissute come scelte di nuovi modelli sono conseguenze di fallimenti e rotture e sono forme in genere transitorie, come le tappe di un percorso. Chi si risposa non sceglie il modello “famiglia ricomposta” ma una famiglia coniugale. E non dimentichiamo che dietro una famiglia ri-composta ce n’è una de-composta, con tutto quello che essa comporta per i figli e non solo. L’amore dei genitori per i figli non è solo individuale ma passa per il legame coniugale. In questo senso anche la famiglia monoparentale non è un modello ma un’asperità della vita, soprattutto quando consideriamo l’interesse, il diritto del bambino. Per quanto riguarda le unioni di fatto ci basti riflettere sugli studi e le fonti statistiche che sui dieci anni danno un tasso di rottura sei volte più alto che tra gli sposi.
L’Autore ha poi proposto i quattro pilastri per la famiglia: il matrimonio, la differenza dei sessi, l’accoglienza della vita come dono, l’appartenenza ad un corpo più grande.
Il matrimonio. Di fronte a chi afferma che il matrimonio non è l’unico modo di fondare una famiglia, svalorizzando l’alleanza coniugale a favore del legame di filiazione per cui sarebbero i figli a fondare la famiglia, va ricordato che perché un figlio cresca ci vuole tempo e il tempo rimanda ad un legame che dura appunto e che si impegna a continuare. Per un bambino assumersi la responsabilità di essere il fondamento della famiglia è un peso troppo grande. E’ un peso da adulti, del padre e della madre la cui alleanza fonda la famiglia. E “tra il doppio “sì” scambiato nell’intimità (sempreché esso sia pronunciato) e l’affermazione di questo stesso consenso davanti ad un’assemblea che rappresenta l’insieme delle appartenenze sociali o comunitarie, c’è una differenza non solo di grado ma di natura. Il “sì” pubblico è consenso ad una oggettività del legame, all’impegno nei legami che vanno al di là della sola soggettività”.
La differenza dei sessi. La genitorialità riconosciuta a due persone dello stesso sesso istituirebbe una discriminazione tra i bambini, perché per legge alcuni sarebbero privati a priori di tre beni elementari: 1) della differenza tra due punti di riferimento identificatori, maschile e femminile e del sottile gioco di identificazione e differenziazione ritenuto necessario da una letteratura scientifica sovrabbondante; 2) della continuità tra la coppia procreatrice e quella educatrice; 3) di una genealogia chiara e leggibile. Siamo in un sistema genealogico cognatico, cioè a doppia stirpe, un sistema di parentela millenario che si cerca di cambiare a piccoli colpi. Per quale ragione?
L’accoglienza della vita come dono. Nonostante le affermazioni che “con i progressi della scienza, la sessualità non è più indispensabile per la riproduzione” è bene ricordare che i bambini non si “fanno”, semmai si “concepiscono”, li si accoglie, attende. “Ricevere la vita nel suo senso pieno, il suo senso umano, quello che il vedere un neonato suggerisce, significa riconoscere che essa non è un prodotto, ma un dono. Un dono che ci precede sempre, che non è esterno al nostro desiderio e ai nostri atti, alla vibrazione della nostra carne, ma che, dall’interno, li abita e li attraversa”. Nella famiglia è costitutiva questa dimensione dell’accogliere e del donare.
L’appartenenza ad un corpo più grande. Le questioni relative alla famiglia troppo spesso sono lette con un filtro che le riduce alla sfera privata. Certamente oggi la cultura non favorisce il senso dell’essere legati, per questo la famiglia ha bisogno di una comunità, di gruppi in cui si vivono legami di libera appartenenza e solidarietà, di comunione, in cui ci si identifichi nelle convinzioni e opzioni fondamentali che fanno bene ai legami famigliari.
Ma la proposta fatta finora è “conservatrice”? E’ un ritorno al passato (a volte idealizzato)? No. Nel modello proposto c’è spazio per una creatività che costruisce perché “si crea meglio sulla base di fondamenta solide piuttosto che sulle sabbie mobili della precarietà”. Perciò ecco alcune direzioni di ricerca: -un ancoraggio più reale della famiglia in una rete, in un corpo comunitario – famiglie che allargano la loro fecondità a figli fragili e handicappati e sono i veri “nuovi modelli” famigliari, le famiglie allargate a discapito di nessuno – luoghi in cui gli alloggi di diverse generazioni favoriscano i servizi e i momenti di incontro quotidiani, preservando l’intimità e la differenza dei modi di vivere – raccogliere la sfida dell’alleanza tra i sessi, il matrimonio tra l’uguaglianza e la differenza.
Sperare che la famiglia viva di legami stabili e affidabili non significa essere conservatori se non nel senso di essere conservatori dell’avvenire, e senza avvenire non c’è innovazione. Non c’è avvenire senza dono di sé. Essere egocentrici e puntare ad una famiglia autoreferenziale significa non gettare ponti per l’avvenire. La famiglia resiste se dura l’alleanza coniugale, oggi resa fragile da una cultura che mette al centro l’ego personale. La carta vincente è scegliere di vivere la
vita nella logica del dono, quella eucaristica, perché si può dare la vita solo dando la propria vita. Possiamo essere dono all’altro “nel corpo e nel sangue” perché un Dono grande ci ha preceduti. L’Eucaristia è il cuore pulsante del sacramento del matrimonio.
Concludendo appare chiaro che la famiglia implica tutte le dimensioni dell’essere, che la vita famigliare è a forma di croce, all’incrocio “tra la prospettiva orizzontale dei legami sociali, comunitari e quella verticale dell’unione al mistero, tra l’apertura all’alleanza non solo coniugale ma fraterna e la trasmissione della vita tra generazioni”.
  Chiara Pedraccini

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